Voto: libero e pulito

Sulle pagine del “Fatto Quotidiano” si leggeva ieri Travaglio asserire che “Inutile è solo il non-voto”, affermazione questa in contrasto con le dichiarazioni sia delle grandi coalizioni di centro-sinistra che di centro-destra ( se davvero queste sono le posizioni politiche che i due schieramenti rispettivamente occuperebbero all’interno di una dimensione realmente bipolare). Abbiamo sentito, infatti, i due candidati alla presidenza del Consiglio, Bersani e Berlusconi, richiamarsi ad un termine tecnico: il voto utile; ma cos’è questo “voto utile” di cui tanto sentiamo parlare? E soprattutto a chi è utile? Lo stesso Travaglio ha cercato di rispondere ad entrambe queste domande: ai due candidati sopra citati. In questo modo si cerca di promuovere una sfida-a-due, che tenta di escludere completamente i partiti di nuova formazione, in nome di un ormai vecchio ( e stanco ) conflitto tra – queste – destra e sinistra. Rinneghiamo in questa maniera l’utilità del voto, cosa assai diversa dal “voto utile” promosso da questi – vecchi – signori.

L’utilità del voto è cosa diversa, in quanto questo si propone e nasce come strumento di scelta lì dove la scelta c’è ed è reale. Cosa c’è di concreto in un’alternativa che, di fatto, non viene più riconosciuta come tale dal Popolo Sovrano? Non si vuole dare qui spazio a populismi di sorta, si vuole soltanto riconoscere, constatare, il fatto di un desiderio di cambiamento all’interno dell’intero paese ed in tutto l’elettorato. Siamo ormai vittime – schiavi oserei affermare – di sondaggi e proiezioni e questi, più che l’ideale che dovrebbe animarci, indirizzano ormai il nostro voto nell’una o nell’altra direzione: qualsiasi essa sia. Chiediamoci allora se davvero vale la pena lasciarci guidare da questo strumento che non fa altro che suggerirci chi voterà la maggior parte degli elettori, eliminando dal conto la partecipazione umana ed individuale – “intima” – del richiamo alle urne. Il voto utile così coinciderà con l’utilità del voto solamente quando questo andrà a ricalcare quello che Charles-Louis de Secondat, meglio conosciuto come Barone de Montesquieu, chiamava l’ “esprit général” di uno Stato. L’utilità divenendo così utile a qualcosa di “serio” – non a qualcosa di poco serio come l’attuale realtà parititca italiana – come lo Stato, sarà anche in grado di risollevarlo qualora questo vivesse una crisi profonda; pur se questa dichiarazione può suonare ingenua, si fonda sulla profonda convinzione che il rinnovamento di uno Stato, innanzitutto morale, debba avere il suo principio in una scelta – in un atto libero di volontà – da parte dei suoi cittadini. L’appello rivolto ai lettori è dunque quello di non lasciarsi convincere né che esiste un voto più utile di un altro – il voto è utile in corrispondenza alle esigenze dello Stato e dei cittadini – né che esista un non-voto inutile: anche quest’ultima scelta – perché è una scelta e mi dispiace contraddire Travaglio in questo – qualora si proponesse davvero come un’alternativa ( se fosse meditata con attenzione) potrebbe essere utilizzata per lanciare, se non altro, un messaggio; anche in questo casa crediamo che, rispetto al voto, di messaggio – al Governo – si tratta.

 

Alessandro Calefati

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